Si discute molto, recentemente, delle cosiddette bufale, delle menzogne nella stampa, del controllo dei Social Media, e anche di istituire una sorta di "tribunale del popolo" (a me, il solo nome mette i brividi) per stabilire da che parte sta la verità.
L’inganno e la propaganda, la fallacia dei giornalisti e le notizie gonfiate o addirittura false sono sempre esistiti, ricordo un vecchio detto: "non si dicono mai tante menzogne come prima del matrimonio, durante la guerra e dopo la pesca".
Però ci sono alcune domande da porsi:
- Oggi il fenomeno è davvero più preoccupante di ieri?
- I nuovi media che cosa hanno cambiato?
- È necessario prendere provvedimenti? Se sì, quali?
La prima cosa che vorrei chiarire è che restringerò le mie riflessioni al mondo che conosco, ovvero alla società occidentale.
Ciò cui assistiamo oggi è l’accesso a strumenti di comunicazione che, fino a qualche tempo fa erano elitari, da parte di una porzione della popolazione molto più grande. Insomma, per dirla in parole semplici, c’è molta più gente che legge e scrive. Allo stesso modo, per mera probabilità statistica, le tante persone che oggi leggono e scrivono, non sempre hanno i mezzi intellettuali ed emotivi per leggere e scrivere in modo "fattuale".
Che cosa intendo dire?
Che non tutti prima di leggere un articolo e, ahimè, spesso neanche di stenderlo, si prendono la briga di verificare i dati, le fonti, e rendere inattaccabile, o anche semplicemente verosimile, ciò che scrivono. Io stessa non avrei come farlo se non avessi fatto uno specifico iter di studi e non avessi partecipato a una serie di ricerche sul campo che mi hanno insegnato l’importanza del "fact
checking", dell’attendibilità e dell’analisi dei dati.
Non voglio parlare del semplice "sensazionalismo giornalistico", tirare un po’ la notizia o almeno il suo titolo per far sì che più persone possibile la leggano, ma di notizie totalmente false o stravolte che circolano sul web. Dopo aver ricevuto per la centoventesima volta alcune notizie, come quella della figlia di George Arlington, che poverina, sono vent’anni che sta per morire, o dei numeri di telefono che ti prosciugano tutto il credito della SIM, non faccio che ripetermi la stessa domanda:
- Perché non controllano nonostante tutti i modi semplici e veloci con cui potrebbero farlo?
- Perché non ricordano, nonostante le notizie siano state spesso ripetutamente smentite in precedenza?
- Perché, comunque, inoltrano una "bufala", nonostante sappiano che nove volte su dieci la notizia si rivelerà falsa o sarà smentita?
Qui ci viene in soccorso la Psicologia, che ci dice che, sul desiderio di "verità", trionfano i seguenti bisogni umani fondamentali, legati alle emozioni, più che alla ragione:
La sicurezza.
Abbiamo bisogno di sentirci interpreti affidabili della realtà. Come è ovvio, più una persona tende a dire: io non sbaglio mai, più è probabile che in realtà tenda a dimenticare quando ha sbagliato, sacrificando la memoria al suo bisogno di sicurezza e coerenza interna.Il contatto con gli altri. Abbiamo bisogno di condividere informazioni che ci rendano interessanti o degni di attenzione da parte del nostro contesto sociale di riferimento, e questo vale bene il dover tollerare qualche brontolone che si lamenta per un’innocua notiziola che viene diffusa anche se falsa.
L’appartenenza.
Abbiamo bisogno di credere a ciò che dice il gruppo di cui abbiamo scelto di far parte, conseguentemente tutte le informazioni che verranno dal di fuori del gruppo o che ne contraddiranno le affermazioni verranno viste come contraffatte e in mala fede. Quelle che invece sono in sintonia con esso verranno viste come affidabili e degne di essere ulteriormente divulgare. Evitare i conflitti interni e esterni. A volte credere a quello che ci viene detto è la maniera più semplice per sottrarsi al dover, parafrasando Amleto "prendere le armi contro un mare di guai", che siano rappresentati dal dover discutere con un amico o rinnegare una parte della nostra vita e delle nostre abitudini o, peggio ancora, dal dover giudicare o disprezzare noi stessi.
Sentirci superiori.
Spesso le notizie che diffondiamo in modo falso sono funzionali a sentirci moralmente o intellettualmente superiori ad altre categorie di persone, di altra provenienza geografica, di altro credo, di altre tendenze politiche. Tutto questo senza neanche prendere in considerazione l’interesse e la malafede. Se guardiamo a tutte le ragioni che abbiamo per autoingannarci, forse dovremmo stupirci di più di quando riusciamo, qualche volta, a tollerare la verità, che del fatto che propaghiamo la menzogna.
Che fare quindi?
Arrenderci all’ineluttabile? Dentro di me io credo che una possibile ricetta possa essere cercare di coltivare un mondo in cui crescere, creare, esplorare e sbagliare, nel rispetto di se stessi e degli altri sia più importante dell’avere sempre ragione, ma questi sono bisogni della nostra corteccia cerebrale e non del nostro cervello primitivo e non saranno ascoltati. Forse, la nostra unica speranza, è che il nostro cervello primitivo senta che, in un mondo complesso, apprendere e capire sono funzionali alla nostra sicurezza più che credere ciecamente e confermare.