Quando sono stata con alcuni amici a vedere la mostra di Gianni Berengo Gardin al Palazzo delle Esposizioni, non conoscevo il suo lavoro, pur essendo un’amante della fotografia e, in particolare, della fotografia di reportage. Sono rimasta colpita da molte cose, la pulizia delle immagini, la ricerca della simmetria senza affettazione, la capacità di cogliere l’essenza delle cose e la bellezza dall’istante, caratteristica dei grandi fotografi come Cartier-Bresson ed Erwitt , per citarne solo un paio.
Guardando quelle foto, ciò che mi ha colpito è stato che non sentivo in esse la sottile bellezza che pervadeva tutte le altre, erano foto disturbanti, come è quasi sempre disturbante avere a che fare con un delirio, con un folle, chi abbia mai avuto questo tipo di esperienza, lo sa. Viene l’istinto di prendere le distanze, guardare dall’altra parte, passare oltre. E per me, che spesso penso alla bellezza, a che cosa sia, al mistero di come si manifesta, è stato come prendere consapevolezza di un altro tassello.
Vedere la bellezza vuol dire essere in relazione, essere in contatto e, forse, ciò che non ci appare bello e ciò che percepiamo alieno da noi in modo disturbante.E, ancora forse, la nostra capacità di vedere, concepire e creare bellezza dipende dalla nostra propensione a entrare in contatto con le cose altre da noi, di non sentirle estranee.καλὸς καὶ ἀγαθός, (kalòs kai agathòs), bello e buono, come dicevano i Greci, acquista un nuovo senso, oggi, per me.
Questo può spiegare perché ci sentiamo spesso attratti verso le persone di bell’aspetto (non per niente, definite anche"attraenti") più che da quelle che non lo sono e perché, viceversa, alcune persone che inizialmente non ci piacevano hanno iniziato ad apparirci belle dopo averle conosciute.
La bellezza non è una strada a senso unico.