Conosco un paio di persone che hanno cambiato lavoro in questo periodo e ancora non sanno come è fatta la loro sede di destinazione, persone che si sono dimesse senza aver potuto salutare i colleghi con cui lavoravano da anni.
I riti organizzativi di ingresso e uscita si sono dissolti in una impersonale nuvola di bit.
Nessun pasticcino a profumare l'aria, nessuna lacrima e voce tremante a dire "grazie" o "al diavolo tutti!" (succede anche questo).
Svanite le telefonate del tragitto in mezzo al traffico.
"Dove stai?"
"Bloccato sul raccordo. Tu?"
"No, io sono già ferma sulla Salaria."
Le trasmissioni radiofoniche e le loro voci familiari che scandivano il tempo come un orologio biologico, tanto si erano incastonate nel nostro ipotalamo sono un lontano ricordo.
Svaniti i riti della mattina, il caffè, la chiacchiera al bar, il saluto.
Disintegrati gli iter decisionali dell'ora di pranzo.
Siamo sulla stessa barca e remiamo a distanza di chilometri l'uno dall'altro.
Ma gli strani miracoli della lontananza accadono anche in questa epoca.
Non possiamo più dare per scontate le persone. Il collega e il collaboratore più negletto se non lo cerchiamo attivamente, sparisce dai radar.
La relazione a distanza, come in amore, può aumentare la consapevolezza del legame.
La parola nostalgia ha un'etimologia poetica, νόστος, nostoso «ritorno» e αλγία, algia dolore.
Il dolore del ritorno. È il nostro desiderio che nasce dall'ombra del ricordo.
Marion, alla fine del film Another Woman" di Woody Allen, dice "I wondered if a memory is something you have or something you've lost".
Mia madre, donna nostalgica per eccellenza, cui sottoposi il quesito, adottò una soluzione Alessandrina a questo apparente nodo gordiano, "Un ricordo è ciò che ti resta di qualcosa che hai perduto."
Io non credo che questi piccoli riti pagani siano persi per sempre, di certo siamo a una svolta e forse la svolta è che i riti e le relazioni saranno sempre più una scelta da vivere con maggiore consapevolezza.
Fromm diceva che la differenza tra l'amore immaturo e l'amore maturo è che il primo dice: "ti amo perché ho bisogno di te", il secondo dice, "ho bisogno di te perché ti amo".
Questo forse è il prossimo passo che le organizzazioni potranno fare, grazie al coronavirus, passare dall'amore che nasce dal bisogno, al bisogno che nasce dall'amore.
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