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Il manager e il cantico di Natale

2020-12-28 10:22

Luigina Sgarro

Leadership, Articoli, leadership, motivazione, competenza, Natale,

Il manager e il cantico di Natale

I manager giustificano spesso i risultati inadeguati o la scarsa motivazione dei collaboratori con l'impossibilità di incentivarli con il denaro, eppure la scie

I manager giustificano spesso i risultati inadeguati o la scarsa motivazione dei collaboratori con l'impossibilità di incentivarli con il denaro, eppure la scienza dimostra che il coinvolgimento, e i risultati eccellenti che ne conseguono, si ottengono con l'attenzione, l'ascolto, il rispetto, la cura per la crescita delle persone: cose che non si possono comprare.

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Per tanto tempo la sera della vigilia di Natale, dopo la cena in famiglia, ho trascorso qualche ora a leggere A Christmas Carol, di Charles Dickens. Era il mio rito personale.

È stato ben prima che Dickens diventasse uno dei miei romanzieri preferiti e che ne divorassi praticamente ogni romanzo, dal celebre, letto e riletto David Copperfield, al pressoché ignoto Dombey & Son. Credo di aver visto ogni riduzione cinematografica e televisiva delle opere di Dickens di cui la BBC è, fortunatamente, prodiga in quantità e lodevole in qualità.

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Per chi non lo conosca A Christmas Carol, nella traduzione italiana, Cantico di Natale, è la storia di Ebenezer Scrooge, vecchio banchiere solo e avaro, che ha trascorso tutta la propria vita accumulando ricchezze e vedendo negli altri solo esseri privi di valore e dignità che poteva sfruttare o che lo avrebbero sfruttato.

I soli contatti umani che il vetusto tiranno ha sono Bob Cratchit, impiegato che vessa e umilia, e il nipote Fred, che ritiene un buono a nulla perché non è quello che oggi chiameremmo un workaholic.

 

La vigilia di Natale, Scrooge (da cui, qualora non si sappia, deriva anche il nome americano di Zio Paperone della Disney) riceve la visita dell'orrido spettro in decomposizione del vecchio socio in affari Jacob Marley, che gli annuncia l'arrivo di altri tre spiriti: il fantasma del Natale passato, il fantasma del Natale presente e quello del Natale futuro. 

 

Nella lunga notte invernale di Londra, il terrorizzato Ebenezer, vede sfilare dinanzi ai propri occhi i rimpianti della sua infanzia e giovinezza perdute, le immagini del confronto tra il suo Natale presente, solitario e desolato, e quello di suo nipote, non sontuoso e del suo impiegato, povero, ma entrambi nel conforto di affetti familiari.

Infine vede il suo desolato Natale futuro - se non cambia strada - ultimo atto, un cadavere sepolto nello squallore, senza nessuno a versare una lacrima per lui.

Un classico delle feste, certo didascalico, da cui sono state tratte varie versioni cinematografiche tra le quali una celebre e divertente con Bill Murray.

 

Ebenezer, dopo la notte da incubo che neanche la peperonata, grazie agli inquietanti visitatori, comprende che il denaro non è tutto, si redime e passa quel che resta della propria esistenza a godere della compagnia di coloro che aveva lungamente disertato e disprezzato. Muore infine dopo molti anni, circondato da persone che ha amato con tenerezza e che hanno contraccambiato il suo sentimento rendendo piena la sua vita.

 

Confesso una certa invidia.

 

Decenni di studi, pagine e pagine di ricerche sul campo, hanno mostrato che, una volta assicurata una certa sicurezza finanziaria di base, i fattori della motivazione e della soddisfazione nel lavoro e nella vita sono altri, senso di scopo, appartenenza, il desiderio di contribuire, la sensazione di essere valorizzati in quanto essere umani unici, eppure a nulla pare sia servito.

 

I manager continuano, per la maggior parte, a spiegare i risultati inadeguati o la scarsa motivazione dei collaboratori con l'impossibilità di incentivarli con il denaro, nonostante la ricerca psicosociale dimostri che il coinvolgimento e i risultati eccellenti che ne conseguono, si ottengono con la valorizzazione del contributo delle persone, l'attenzione, l'ascolto, il rispetto, la cura per la loro crescita professionale: cose che non si possono comprare.

Forse è più facile lamentarsi di non avere i mezzi monetari  illimitati, a loro avviso indispensabili, per spingere i naturalmente riottosi al lavoro, che ammettere di non avere doti necessarie per essere un buon leader: non un titolo roboante su LinkedIn, né uno stipendio stellare e guidare una macchina pagata dall'azienda, quanto il desiderio di raccogliere la sfida di creare, con il comportamento e l'esempio, le condizioni di lavoro, se non ottimali, almeno favorevoli, per stimolare la passione nei collaboratori e accoglierne il talento.

Può darsi che questo accada anche perché i manager ai vertici vengono spesso promossi in posizione di leadership non in base alla propensione al coordinamento e allo sviluppo del gruppo, ma per merito di altri fattori, i risultati economici, lo spirito competitivo, la capacità di intessere relazioni di potere, o la competenza "tecnica"; cose utili nel contesto organizzativo ma che non bastano per tirare fuori da qualcun altro il meglio di sé.

 

Ai tre fantasmi è stata sufficiente una notte per fare capire al vecchio Scrooge che il denaro non è tutto per riempire di significato l'esistenza e per cogliere il meglio dalle relazioni umane, a tutta la scienza organizzativa non è servito mezzo secolo.

In attesa che il fantasma dell'organizzazione passata, dell'organizzazione presente e di quella futura facciano visita a uno dei tanti manager frustrati che credono che l'unica loro potenziale risorsa di leadership sia il denaro, non possiamo che esclamare, come recita l'ultima riga della storia di Scrooge:

God bless us, Every one!

 

 

 


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